Tratto n. 1 (2 di 3): dal Parco San Vito al Quadrivio Raby
Prima di entrare nel Parco di San Vito possiamo fare una digressione lungo la Strada Comunale di San Vito e raggiungere altri due parchi la cui apertura al pubblico è limitata ad alcuni giorni nell’anno: quello di Villa Abegg e quello di Villa Gualino. Il primo ospita l’edificio noto anche col nome di Vigna delle Delizie, che fu la residenza della Madama Reale Maria Cristina di Savoia fino alla fine del Seicento, quando passò all’Ospedale di Carità dei Padri Missionari. Nel 1807 divenne la reggia di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone e moglie di Camillo Borghese, governatore di Torino. Il nome attuale deriva dagli ultimi proprietari, gli svizzeri Abegg, industriali tessili in Val Susa e anche munifici benefattori dell’Ospedale Molinette. La residenza è di proprietà del Comune di Torino e concessa in comodato d’uso alla Fondazione San Paolo che ne ha curato l’ultimo restauro.
Confinante con il Parco di Villa Abegg troviamo il Parco di Villa Gualino, la cui proprietà prende il nome dall’illustre torinese Riccardo Gualino (1879-1964), pioniere dell’industria locale, fondatore di importanti aziende tra cui la Snia Viscosa (seta artificiale), la Unica (cioccolato), la Lux Film (cinematografia). Il Gualino, uomo colto e geniale, acceso oppositore del regime fascista tanto da finire al confino nel 1931 a Lipari, fu anche mecenate e collezionista d’arte. La sua villa collinare, i cui lavori vennero avviati nel 1928, doveva essere non solo residenza, ma museo, teatro e centro sportivo. Nel 1931, non ancora terminata, fu trasformata per ordine dei Fasci di Combattimento di Torino in colonia elioterapica. Nel dopoguerra accolse la Fondazione Don Gnocchi fino al 1973, quando diventò di proprietà della Regione Piemonte che nel 1985 ne curò il restauro e la trasformò in polo scientifico per la formazione e la ricerca.
Ma torniamo al Parco di San Vito che risulta decisamente piacevole con i suoi declivi a prato che si affacciano come una terrazza verde sulla sottostante città; percorriamo il sentiero in salita fino ad arrivare in cima ad un viale con delle panchine. Da qui possiamo godere di una suggestiva e affascinante vista sulla città e sulle montagne circostanti, le cui principali cime sono descritte nel pannello informativo dell’Anello Verde. Il nome dell’area è citato per la prima volta in un documento del 1134 che riporta la notizia della realizzazione, a valle di questo nucleo abitato, di un attraversamento del fiume, denominato Guado di San Vito, che consentiva di raggiungere la chiesa di San Salvario nei pressi dell’attuale Parco del Valentino.
A caratterizzare quest’antico insediamento è la presenza di una delle più importanti parrocchie della collina: la chiesa di San Vito, raggiungibile con una piccola deviazione dal percorso seguendo il viale del parco verso l’uscita di Strada Revigliasco e salendo la scaletta che porta allo spiazzo davanti alla chiesa, da cui si può apprezzare una splendida vista panoramica. La Chiesa, comunemente nota con il nome di San Vito, è in realtà intitolata anche ad altri due santi a lui legati: il suo custode Modesto e la sua nutrice Crescenzia. L’attuale facciata barocca risale al 1605, ma l’esistenza della parrocchia è già documentata nel secolo XI e tracce romaniche sono state individuate nelle murature di fondazione e del campanile.
Oltre alle reliquie di San Valentino, ha ospitato per secoli anche un cimitero, di cui rimane a ricordo una croce posta sul fianco della chiesa e, per questo motivo, l’attuale Strada vicinale da Ponte Isabella a San Vito era conosciuta col nome di strada dei Morti. La chiesa è affiancata dalla casa canonica e da un edificio costruito nel 1871 che è stato per lungo tempo una scuola elementare.
Più a monte della chiesa si trova Villa Stillio, anche indicata come il Mondetti, un lungo edificio settecentesco appartenuto dal 1919 ad Ernesto Stillio, benefattore dell’Ospedale di San Giovanni, il cui busto ancora campeggia all’ingresso. Poco sopra c’è Villa Frescot, che prende il nome dai proprietari di fine Ottocento, ma che, in origine, chiamata il Ladat, fu abitata da illustri artisti: prima dallo scultore Francesco Ladetto, premiato all’Accademia di Parigi nel 1729 e autore tra l’altro del celebre cervo che sovrasta la palazzina di Stupinigi, successivamente dalla famiglia di pittori Cignaroli, di cui si ricorda Vittorio. La storia recente di questo edificio è segnata in particolare dagli ultimi proprietari, l’avvocato Giovanni Agnelli e la moglie Marella, che l’hanno trasformata nella loro ricercata residenza collinare con la collaborazione dell’architetto Sergio Hutter Jontof e del progettista di giardini Russel Page.
Ritorniamo a valle, al tabellone che indica le cime delle Alpi nel Parco San Vito e continuiamo ancora in salita per poche decine di metri, per uscire di nuovo su asfalto in Viale Seneca. Proseguiamo verso sinistra per svoltare quasi subito a destra in salita ed imboccare Strada Vicinale delle Vigne di San Vito. Percorriamo la strada per un breve tratto fino ad incontrare sulla sinistra un cancelletto che accede ad un sentiero in salita con gradini e piccoli tornanti. Il cancello è dotato di un chiavistello che, una volta transitati, deve essere richiuso.
Da qui comincia un bel tratto di sentiero chiamato Strada vicinale dei Boschi, già indicato nella Carta Topografica della Caccia del 1762, che inizialmente costeggia sulla destra la recinzione metallica che delimita il parco della sovrastante Villa Lauger , dal nome dai suoi settecenteschi proprietari. Ad un tratto il bosco si apre in una radura pianeggiante nella quale troviamo un cartello informativo che descrive il vicino Belvedere del Bossola (meglio noto come Torre Bert) e Cascina Bert che possiamo intravedere in alto e raggiungere attraverso un sentiero. Questa località in cui il crinale scende ripidamente verso Valsalice viene citata nei documenti antichi col nome di Gola (o Bocca) dell’Inferno. La torre d’avvistamento, distrutta dai tedeschi durante l’ultimo conflitto, era il belvedere della sottostante Villa Bossola. In questo luogo salì anche Napoleone nel 1805 per cogliere, con uno sguardo panoramico, una visione d’insieme di Torino e del suo territorio. Al posto della torre oggi c’è una serie d’antenne. Intorno al 1960, i fratelli Judica Cordiglia, famosi a livello internazionale per la loro attività di radio-ascolto dei segnali provenienti dai primi satelliti e dalle astronavi messi in orbita dai russi e dagli americani, installarono qui la propria base operativa.
La Cascina Bert è di proprietà del Comune di Torino dal 1920, fu acquistata in previsione di realizzarvi la stazione intermedia di una funivia che avrebbe dovuto collegare Corso Moncalieri con il Parco della Maddalena, mai realizzata. L’edificio è stato dato in concessione all’Associazione Pro Natura Torino che ne ha curato la ristrutturazione trasformandolo in centro didattico ed informativo della collina torinese.
Percorriamo ancora per un breve tratto il sentiero ed arriviamo al quadrivio Raby, su cui convergono, oltre al sentiero pedonale Strada vicinale dei Boschi, Strada Valsalice, Strada comunale da San Vito a Revigliasco e Strada comunale Antica di Revigliasco.